giovedì 15 novembre 2012

Diciannovesimo episodio: Il manoscritto proibito.


Questo episodio prende spunto da una delle leggende più interessanti collegate ad un libro. Il De Tribus Impostoribus è stato considerato per quasi tutto il medioevo un testo maledetto, di cui non ha mai circolato nessuna versione ufficiale. Fu con l'enciclica Ascendit de Mari, promulgata da Papa Gregorio IX il primo luglio 1239, che l'imperatore Federico II venne indirettamente accusato di aver scritto il manoscritto. Il libro compie la più grave delle colpe per un uomo del medioevo: mette in discussione il fondamento stesso del mondo, ovvero la religione. Secondo la leggenda e stando alle accuse del Papa, il De Tribus Impostoribus sarebbe infatti un trattato in favore dell'ateismo. La vulgata classifica voleva che il libro fosse stato redatto da Pier delle Vigne, segretario dell'imperatore, sotto sua personale dettatura. Prove non esistono né in un senso né in un altro: quello che è certo è che Federico ebbe forti contrasti con il papato, che lo portarono addirittura alla scomunica. Era anche un uomo di grande cultura, che amava circondarsi di intellettuali. Molti di questi erano di origine araba, e tradizionalmente gli intellettuali cristiani più conservatori facevano risalire proprio ad Averroè la paternità della messa in discussione della religione. E' verosimile dunque che Federico lo possa aver scritto, di più non si può affermare.
Ancora all'epoca di Michelangelo, l'ateismo era considerata l'eresia più grande, come una specie di limite del pensiero. Si poteva essere di un'altra religione, ma non di nessuna. Giordano Bruno fu bruciato sul rogo otto anni dopo lo svolgimento della nostra storia perché accusato, tra le altre cose, di aver considerato Gesù un mago bugiardo.
Duecento anni dopo, Il De Tribus Impostoribus venne poi realmente stampato in francese all'Aia nel 1719, da autore anonimo e con un titolo diverso ( anche se poi tornò quello ufficiale dalla seconda edizioni in poi.) Esiste forse un manoscritto precedente, redatto in latino e stampato a Vienna vent'anni prima. I due testi potrebbero essere versioni rivedute dell'originale di Federico, anche se in realtà l'autore è molto probabilmente un contemporaneo che ha scelto di rimanere anonimo per motivi di convenienza. Neanche all'inizio del settecento era conveniente dichiarare apertamente di essere atei. Il secolo dei lumi stava per iniziare, e le cose sarebbero rapidamente cambiate.
Questo per quanto riguarda la veridicità storica del trattato. Per l'episodio di questo numero, invece, bisogna fare un'altra piccola premessa.
Alla fine del XVI secolo, la Serenissima repubblica garantiva un'ampia libertà di pensiero, e per questo aveva uno dei più fiorenti mercati di produzione dei libri. In questo contesto era dunque possibile immaginare un'avventura del genere, in cui il nostro Caravaggio è suo malgrado costretto alla ricerca di un misterioso manoscritto...


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